Speciale Metaoffice #02: ll Metaverso è patafisico

Dal Metaverse al Metaoffice il passo è breve. (Digital Guys)


[testo di Stefano Lazzari]

Se Alfred Jarry e Georges Perec fossero ancora fra di noi, certo il Metaverso non gli sarebbe stato indifferente. Anzi. Se la Patafisica è la scienza delle soluzioni immaginarie, altrimenti definita come “la scienza di cui se ne sentiva il bisogno” non v’è dubbio che il Metaverso nello stato attuale di Golden vaporware (*) rientra perfettamente nella categoria dello spirito, quantomeno dello spirito beffardo dei nostri eroi, e dunque a pieno titolo, anche come soggetto alle leggi patafisiche (**). Allontaniamoci per un attimo dal manzoniano “Fu vera gloria?” che nel suo tragico dubbio ci porta su ragionamenti troppo autoreferenziali, per noi e tra noi geek che si interrogano della chance di successo tecnologico di questa tecnologia: “Ne avevamo bisogno?” ci domandiamo patafisicamente.

Dunque, abbiamo scatenato i Palotini prestatici generosamente dal Grande Re Ubu (***) alla ricerca di informazioni per sapere se nel nostro regno il Metaverso di cui noi siamo innamorati sostenitori fosse ben accetto dal popolo, e se ne cantassero le virtù. E già che si era in ballo, abbiamo istruito una ricerca sugli NFT, i Non Fungible Token, figli per nulla minori delle criptovalute che tanto dividono gli animi fra sostenitori e detrattori. Ben sapendo che entrambe le fazioni basano il loro giudizio su fondamenta traballanti, più vicine al sentito dire che alla realtà.

A studiare il caso è stato Ebuyer, il più grande rivenditore indipendente di elettronici del Regno Unito, utilizzando i dati di Google Search Trends, Linkfluence e Answer the Public. Ne è emerso che sono state fatte 61.6 milioni di conversazioni sugli NFT e 15.2 milioni sul Metaverso a livello globale negli ultimi 12 mesi. Ma anche che di queste conversazioni oltre 1.7 milioni sono i post negativi sugli NFT e 337.000 quelli negativi sul Metaverso. Quindi, il pubblico si fida davvero di queste innovazioni virtuali? E quali sono esattamente le preoccupazioni sull’argomento?

Guardando l’Italia, abbiamo chiacchierato di NFT 146.161 volte negli ultimi 12 mesi ma solo 43.957 volte di Metaverso. Quindi, cosa ha davvero fatto parlare il mondo?

Sebbene il 22% delle conversazioni abbia scatenato un sentimento positivo, il 5% di noi è ancora diffidente nei confronti dei Non Fungible Tokens. I maggiori fornitori di criptovaluta cercati sono stati Ethereum con oltre 265.000 conversazioni generate e Blockchain con oltre 161.000.

Analizzando Answer the Public per scoprire le ricerche più gettonate, è chiaro che il pubblico è leggermente cinico sulla sicurezza degli NFT. Le domande più frequenti includevano “Gli NFT sono dannosi per l’ambiente?” evidenziando che alcune persone ancora non si sentono sicuri al riguardo.

Quando si tratta del Metaverso, oltre 3.8 milioni di conversazioni sono state positive. Le domande principali poste sono “In quale moneta Metaverse investire?”. Con “Metaverse Real Estate” con un aumento del 5000% del volume di ricerca, il Metaverso potrebbe diventare la nuova normalità?

Il 29% di tutte le conversazioni sugli NFT e il 33% sul Metaverso provenivano dalla Gen Z. Essendo la generazione che è cresciuta nell’era del Web 2.0, non sorprende che sia il gruppo che parla di NFT di più; il 42% delle conversazioni proveniva da ragazzi di età compresa tra i 18 e i 24 anni. Il Metaverso è stato anche un grande argomento di discussione per la Gen Z con il 45% delle conversazioni scatenate da questa fascia di età nell’ultimo anno.

Sorprendentemente i Baby Boomers si sono aggiudicati una quota di oltre il 12% sia per gli NFT che per il Metaverso, mostrando interesse su queste nuove forme di tecnologia.

Quale morale possiamo trarre dalle risposte recuperate dai valorosi Palotini? “Decervellateli!” ordinerebbe Ubu Roi, ma noi non ce la sentiamo di farlo e comprendiamo benissimo chi esprime resistenza e scetticismo verso tecnologie così difficili da integrare nell’orizzonte degli eventi della propria vita, della propria cultura. Le tecnologie che vi riescono meglio sono quelle che per loro fortuna o per genesi nascono e si sviluppano in un’area prossima a quelle che vanno a sostituire. Pensiamo alla telefonia mobile: dietro la lucida superficie di uno smartphone si cela una complessità che per la più parte dei suoi utenti è concettualmente irraggiungibile, eppure anche il più antico e antitecnologico dei Boomers la può usare, tanto questa si sovrappone all’esperienza della tecnologia precedente. Il telefono è e rimane un telefono. Ma criptovalute e mondi virtuali, no.

A pensarci bene, la stessa Internet si trovava nelle medesime condizioni: una tecnologia perfettamente aliena che si affacciò sulla società proponendosi con una visione del mondo radicalmente nuova. Chi nel 1996, a parte qualche sognatore professionista (come il sottoscritto) avrebbe mai immaginato ciò che è quotidiana realtà oggi? Ebbene credo che la risposta sia in quell’immaginazione, o meglio, nel desiderio. Desiderio di qualcosa tanto forte, quanto misterioso, che emerge come necessità, una necessità che prende forma, tante forme, nell’immaginazione. Ecco, credo che questa sia la risposta. Abbiamo il Metaverso, le Intelligenze Artificiali, i robot senzienti, le criptovalute, perché lo desideriamo. Altrimenti ci sarebbero lo stesso, ma nella sala periferica di un museo.

(*) vaporware → https://it.wikipedia.org/wiki/Vaporware
(**) patafisica → https://it.wikipedia.org/wiki/Patafisica
(***) Ubu Re → https://it.wikipedia.org/wiki/Ubu_re
[marzo 2022]
 BE INSPIRED → Metaoffice 


S.%20LazzariStefano Lazzari
“È ora che la tecnologia si rifletta nella cultura e non viceversa”. Questo pensiero sintetizza venti anni di lavoro nel digitale, dall’editoria al marketing al social media management, di Stefano Lazzari, che dal 2006 ha un avatar nel Metaverso: Stex Auer, il suo gemello digitale. Nel 2016, con Fabrizio Bellavista, Antonio Cirella e Danilo Premoli, ha fondato Digital Guys, network di professionisti che si occupa di etica, cultura e design digitale, modi virtuali e social media. → Digital Guys


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