Speciale Metaoffice #08: Il corpo dell’Avatar. Parte 3 di 3: Il corpo è estetico

Dal Metaverse al Metaoffice il passo è breve. (Digital Guys)


[testo di Stefano Lazzari]

Bisogna entrare nella sfera dell’intimo, dei sentimenti e dei desideri per comprendere appieno la portata del transfer attuabile fra Persona e Avatar, nella sovrapposizione di sfere emotive che sono sempre state parte delle esperienze umane veicolate da un media (come la scrittura: basta pensare a quanti amori epistolari è piena la storia), ma che ora assumono forme e numeri che mai nella storia dell’umanità è avvenuto prima. E i numeri non sono noccioline. Il corpo è un sensore emotivo, un ricettore sensibile al tocco. L’estetica del corpo prevede tutta una “dottrina del giudizio o del sentimento di piacere” che ha sortito archetipi, stilemi, modi: tutti linguaggi con lo scopo di condividere e codificare le sensazioni che proviamo. Questo accade in tutte le culture umane.

Ora nel Metaverso la chiave di lettura della estetica degli Avatar si sintetizza nel principio di piacere che il linguaggio esprime sotto forma iconica: il linguaggio si formalizza qui in immagini di corpi. Il linguaggio “Prima di significare qualcosa, significa per qualcuno” ci dice Jacques Lacan, eretico psicoanalista, intellettuale, filosofo e in quel “qualcuno” sta il desiderio dello sguardo umano, umanissimo, di chi guarda con gli occhi dell’Avatar. L’Avatar porta con sé questa complessità. Non è (solo) una immagine di noi, né è il vicario, rappresentante, sembiante digitale, il volto che con la sua espressione ci caratterizza e che concentra nello sguardo, nel nostro sguardo, il desiderio e il linguaggio della bellezza.

Ed è forse per questo che nel mondo virtuale delle origini, in Second Life, il corpo dell’Avatar ha assunto strato su strato, storia su storia, linguaggio su linguaggio, creatività su creatività, una straordinaria ricchezza formale. E anche se nella più parte dei casi gli abitanti di questo mondo desiderano solo essere sé stessi, magari migliori, ma riconoscibili da qualcuno fra gli innumerevoli dialetti degli sguardi, altri, i più poetici, si spingono in liriche raffinate, angeliche o grottesche, esplorano tutte le rime possibili che il linguaggio del corpo degli Avatar può avere, oltre e al di là di ogni canone di bellezza, oppure, al contrario, si spingono sino in fondo alle possibilità di rappresentare una bellezza umanamente perfetta, una eugenetica digitale che raffina corpi di prorompente bellezza fisica, erotica, desiderabile, amabile.

A salvare tutto questo dal pericolo di un voyeurismo, tanto banale quando frequentatissimo, ci salva l’immaterialità digitale. Per quanto lo sguardo possa ammiccare, cercare di rapire una qualche intimità furtiva, questa non potrà sostituire l’originale esperienza estetica, l’ammirazione digitale così vicina ad essere la versione digitale della sindrome stendhaliana, uno strumento di indagine del reale nell’esperienza virtuale, un dispositivo narrativo per ritrovare quell’autenticità dello sguardo appartenuta in precedenza all’infanzia e che permette di vedere le cose con nuovi occhi.

P.S.
Qui devo dichiarare la sorgente dei miei ragionamenti, che altrimenti non si comprenderebbero. Dunque, devo dichiarare il mio amore, fare un coming out culturale. Amo il pensiero dei miei maestri Michel Focault, Roland Barthes, Pierre Klossowski, Gilles Deleuze, Jean Baudrillard, Humberto Maturana. Con tutta la forza dell’irrazionale. Vive la difference! (3. fine)

[gennaio 2023]

 BE INSPIRED → Metaoffice 


S.%20LazzariStefano Lazzari
“È ora che la tecnologia si rifletta nella cultura e non viceversa”. Questo pensiero sintetizza venti anni di lavoro nel digitale, dall’editoria al marketing al social media management, di Stefano Lazzari, che dal 2006 ha un avatar nel Metaverso: Stex Auer, il suo gemello digitale. Nel 2016, con Fabrizio Bellavista, Antonio Cirella e Danilo Premoli, ha fondato Digital Guys, network di professionisti che si occupa di etica, cultura e design digitale, modi virtuali e social media. → Digital Guys


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